HomeAcquateI parroci di Acquate

Acquate - parroci

Don Ambrogio Pozzi (1590-1624)

Iniziò la sua opera presso la Cura di Acquate il 4 agosto 1590, anche se lo strumento notarile della sua nomina, rogato dal notaio milanese Alessandro Airoldi, porta la data del 1° luglio del medesimo anno.

Questa nomina decisa per Autorità Apostolica (come risultava da una lettera datata 8 giugno 1590 che il sacerdote esibiva nelle sedi opportune), ma non dagli acquatesi, fu oggetto di una controversia tra il parroco e gli acquatesi stessi. Questi ultimi, il 6 maggio 1598, comparvero davanti al Vicario generale della Curia Arcivescovile assistiti da tale Martino Cavana per ottenere, contro le istanze del curato, la conferma del loro diritto di scelta e di nomina, diritto che in quell’occasione era stato ignorato, col rischio di diventarlo per sempre. Alla fine il diritto venne riconosciuto e restituito, in forza del fatto che la chiesa e la casa parrocchiale erano stati eretti dalla popolazione. 

Fu con lui che si diede inizio alla costruzione della chiesa di Falghera dedicata a San Francesco d’Assisi, di cui benedisse la prima pietra il 2 luglio 1605.

Negli anni del suo ministero ci furono ripetute visite da parte del Prevosto e Vicario Foraneo della Pieve di Lecco Sac.Giovanni Stefano Bossi e dei suoi incaricati ed anche, nel 1608, quella del Cardinal Federico Borromeo.

Grazie ad esse, il Parroco fu dotato di un minuzioso elenco di suggerimenti e opere da realizzare, volte al miglioramento estetico delle chiese della parrocchia e a quello liturgico delle celebrazioni.

Don Giovanni Battista Gavazzi (1550-1589)

Nato nel 1506 in territorio bergamasco, fu consacrato sacerdote a Bergamo dal Vescovo Ausiliare

Don Gabriele Castelli il 15 ottobre 1531. Divenne parroco di Acquate nel 1550, anche se l’ufficialità gli fu conferita parecchi anni dopo, il 5 luglio 1570, perché solo allora vi era stato l’atto di rinuncia del parroco precedente Sac. Giorgio Andreani.

Era un sacerdote in possesso di una vasta cultura ed era molto apprezzato dai parrocchiani che, in una relazione del 1570, lo definirono esperto in lettere e scienze sacre, studioso e conservatore dei libri prescritti (i registri parrocchiali). Inoltre si comportava bene e vestiva decentemente; ogni giorno serviva la sua chiesa e predicava tutte le domeniche. Dei suoi sermoni, alcuni tenuti anche in altre parrocchie della pieve, si conservano ancora alcune copie nell’archivio parrocchiale. Abitava nella casa della chiesa con il Cappellano Arizati e la settantenne madre di lui, munita della debita licenza per poter dimorare con loro.

Teneva a pigione studenti e studentesse in un’altra casa del paese di proprietà del figlio adottivo, sposato e di professione notaio. Era solito andare a caccia e per questo teneva dei cani. Questa passione gli costò un severo rimprovero da parte del suo Arcivescovo, San Carlo Borromeo. Per alcuni anni del suo ministero in Acquate, fu contemporaneamente Prevosto Vicario Foraneo di Lecco, fintanto che nel 1578 chiese di esserne esonerato. Sui documenti presso l’archivio di Acquate si ha notizia di lui ancora nel 1589, pertanto a 83 anni ne era ancora parroco. Nell’arco di questi anni in cui resse la chiesa in Acquate, la cronaca registrò due fatti importanti: il primo, assai rilevante, fu la prima visitapastorale del Cardinale San Carlo Borromeo, avvenuta esattamente l’8 marzo 1566, l’anno immediatamente successivo al suo insediamento sulla cattedra Ambrosiana.

A seguito della visita dettò alle chiese di Acquate ben 16 “Ordinationi”, di cui quattro riguardavano le chiese delle frazioni, mentre le altre dodici riguardavano la Parrocchiale. Eccone alcune: ornare ed indorare il Tabernacolo di legno della Parrocchiale e lasciarvi solo il Santissimo, trasferendo le reliquie in esso trovate in un luogo più conveniente, ricoprire il Battistero col Ciborio a forma piramidale, eliminare l’altare dedicato a Santa Apollonia e riordinare quelli di San Gerolamo, di Santa Caterina e Santa Lucia, chiudendoli con dei cancelletti, ed altro ancora. Non trascurò di far rilevare al parroco il disordine che regnava nel luogo sacro, fatto abbastanza comune in quei tempi, tempi nei quali il disordine diffuso non era solo di carattere materiale. Fu anche merito di questa sua fermezza nell’esigere dal clero l’attuazione severa delle disposizioni del Concilio di Trento se si riuscì a contenere la minaccia della Riforma Luterana, giunta fino nella regione svizzera dei Grigioni e quindi ad un passo dai nostri territori. Il signor Arsenio Mastalli di Olate, emerito studioso di cose antiche riguardanti la nostra città, ma scomparso nel 1969, lasciò detto di aver trovato, nei documenti riguardanti quella visita pastorale, un paio di curiose notizie. Al santo Cardinale, riposando nottetempo in quel di Acquate, fu rubata da ladri rimasti ignoti la bianca cavalcatura con cui era giunto in paese. Qualche giorno dopo, transitando per Boazzo e guadando il Caldone, San Carlo scivolò sopra un sasso finendo in acqua: completamente bagnato, fu ristorato con una calda tazza di latte in una cascina da alcuni contadini, i quali provvidero ad asciugargli le vesti accendendo il fuoco di un camino. San Carlo Borromeo, consumato dal sacrificio e dal duro lavoro pastorale cui si sottoponeva, morì il 4 novembre 1584.

Il secondo fatto, meno importante ma sempre interessante, riguarda la cronaca nera del tempo, cioè un assassinio avvenuto per motivi di eredità tra cugini della famiglia acquatese degli Airoldi, per mano di sicari prezzolati, il 17 ottobre 1567. Cristoforo Airoldi fu ucciso su mandato dei cugini e del loro padre, Francesco Marchesini degli Airoldi, i quali inoltre tramarono per far ricadere  la responsabilità dell’accaduto sul tutore dell’assassinato, tale Antonio Airoldi.

Don Giorgio Andreani (1537-1550)

Era discendente di una nobile famiglia di Corenno, imparentata coi nobili signori Cattaneo Torrioni di Primaluna e quando fu eletto curato di Acquate risiedeva in quel paese, dove fungeva da cappellano nella chiesa prepositurale.

Venne eletto circa una settimana dopo la morte del suo predecessore e furono incaricati i sigg. Bernardo e Ludovico Airoldi, accompagnati dal notaio Giacomino Airoldi,  di andare a Primaluna per notificargli l’avvenuta nomina, fatto che avvenne il 19 marzo 1537. In un primo momento egli rifiutò, dicendo che avrebbe voluto pensarci bene, ma in seguito, per le ripetute suppliche dei tre ambasciatori, diede il suo consenso. Il giorno 23 marzo dello stesso anno fece il suo ingresso in parrocchia, accolto dal popolo e dal sacerdote Giovanni Maria Bolis, titolare della cappellania di S.Maria attiva nella chiesa parrocchiale di Acquate.

Don Ludovico Rognoni (1513-1536)

Le famiglie Rognoni erano di origine bergamasca e, più precisamente, avevano dimora in Val Taleggio, da dove trasmigrarono in Valsassina per ragioni politiche (erano di fazione ghibellina)

quando i territori di Bergamo passarono sotto il dominio della Repubblica di Venezia nel XV° secolo.

Fin dall’inizio del 1500 a Castello di Lecco abitavano taluni “Rognoni”, dai quali discendeva sicuramente il parroco Ludovico: infatti lui stesso possedeva case e terreni in quel rione che, alla sua morte nel 1537, lasciò in eredità al Monastero di S.Maria Maddalena di Castello, dove volle anche essere sepolto.

Prima del 1500

DON MATTEO BELLINGARDI (1471-1481)


 DON GIOVANNI CANALI (1471-      )


 DON PIETRO MAGGI (1465-      )


 DON DAVIDE BOTTAGISI (1449-1453)


 DON PIETRO MAGGI (1440-      )


 DON GIOVANNI BOTANI (1417-      )

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