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Religiosi e laici

FRANCO CRIPPA

L’AMICO FRANCO NEL MIO PERSONALE RICORDO

Era uno di noi. “Bagaj de Quaa” e “scigalott”. Uno dei tanti ragazzi nati ad Acquate nella seconda metà degli anni ’40. Quei tanti che poi, un po’ più cresciuti, avrebbero affollato le strade del paese ed il cortile dell’oratorio negli anni 50-60. La guerra aveva lasciato molta povertà nelle case di tutti, troppo anguste e strette per i nostri esuberanti giochi.

L’oratorio era la nostra prima casa. La mamma di Franco ci raccoglieva in oratorio il giovedì pomeriggio per l’adunanza delle fiamme bianche verdi e rosse dell’Azione Cattolica. Lui era il nostro fratello maggiore, di due anni più avanti la nostra classe. Animava gioviale, un po’ grassottello, i nostri raduni. Ricorderò sempre quel giorno che giunse tra noi con due trecce di pane. Una in mano, già sbocconcellata metà, ed una nella tasca. Era figlio di panettiere con negozio in piazza “Della Vittoria”. Eravamo al principio degli anni ’60. Stavamo preparando la recita de “Il cortile dei sette monelli” e lui fu scelto per interpretare la parte di un ragazzo eternamente affamato. Sembrava un personaggio ritagliato per lui. Un fatto ancora me lo rese maggiormente fratello. Perse il papà all’età di 20 anni, esattamente 4 anni dopo che io ebbi perso il mio. Ma nulla valse a fermare la sua voglia di esserci e di darsi. Non la malattia. Non le lunghe sedute di dialisi. Non la stanchezza di un fisico provato. Proprio per tornare alla massima efficienza volle affrontare il trapianto. Erano gli ultimi anni 70, ed il suo fisico non resse la prova dell’intervento e le crisi del rigetto. A poco più di trent’anni il Signore lo volle provare e lo trovò degno di essere chiamato. Lui si è fatto trovare pronto sul portone di casa con la lampada accesa. Ha lasciato in terra la sposa Rita, tanti amici e parenti nel pianto per andare incontro ad uno sposo che lo voleva legare definitivamente a sé.

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PIETRO SCOLA (1936-1983)

Nato e cresciuto a Malgrate, venne ad abitare ad Acquate in via ai Poggi, frazione Falghera, dopo il suo matrimonio con Elena.

Per tutti gli anni della sua carriera professionale esercitò la difficile arte dell’insegnamento, molti dei quali presso la scuola elementare di Malnago, dove è ancora ricordato per la grande passione educativa che lo guidava nel rapporto con gli alunni.

Questo piccolo plesso di periferia, grazie al suo lavoro e a quello della moglie, anche lei maestra, diventò ben presto un esempio significativo di “comunità educante”.

Fu esponente di spicco della Democrazia Cristiana Provinciale e rieletto sindaco di Malgrate per diverse amministrazioni.

Nel luglio 1983, proprio mentre faceva ritorno a casa dopo aver partecipato in veste di sindaco ad una cerimonia di gemellaggio con la città di Lavarone, in Trentino, perse la vita in un incidente stradale.

Personaggio tra i più stimati del territorio lecchese, era fratello di don Angelo Scola, oggi Cardinale Patriarca di Venezia; al suo funerale, celebrato nella parrocchiale di Acquate, presenziarono più di venti sacerdoti e l’omelia fu pronunciata da don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione.

Don Luigi Stucchi, oggi Vescovo, scrisse allora sul settimanale Resegone:

“…Abbiamo visto il suo volto riflesso in quello dei suoi cari, vivente per questa sua capacità, assai rara e preziosa nel nostro tempo, di comunicare motivi di vita. Oggi nemmeno i maestri sono capaci di tanto; neppure ai genitori è dato riuscire sempre nell’arte della comunicazione dei valori; ancor meno agli uomini impegnati nella vita pubblica è concesso di restare trasparenti in un servizio generoso, disinteressato, fedele e responsabile…..Invece all’amico Pietro è stato dato tutto questo…tutto il nostro territorio ha un debito con lui, sia per il servizio reso nelle istituzioni, sia per coerenza della testimonianza.”

A Lecco è sorta una scuola elementare che ne porta il nome, per cercare di perpetuare quella testimonianza e di saldare, il meglio possibile, quel debito.

AMANZIO AONDIO (1924-2002)

Appassionato studioso e cultore di storia locale, nel corso delle sue ricerche ricostruì e scrisse di avvenimenti legati alla vita e alla tradizione del lecchese, con particolare attenzione ad Acquate e alle vicende manzoniane. 
Instancabile animatore della vita sociale e parrocchiale del paese, a lui si riconosce tra l’altro il grande merito di aver tenuto aggiornato e organizzato il ricco archivio storico e fotografico della parrocchia.
Si dedicò con entusiasmo al recupero del dialetto del nostro territorio, quale testimonianza di una antica e ricca cultura da non disperdere nel tempo. In lingua dialettale compose anche molte liriche. Tra i tanti documenti che ci ha lasciato, ricordiamo “DIALETTO DA SALVARE” scritto nel 1983 con Felice Bassani. 
Si tratta di una importante antologia dialettale, giunta -per il suo successo- alla quarta ristampa in pochi anni, dove sono raccolte preghiere, poesie, composizioni e proverbi tramandati lungo i secoli dalla cultura lecchese e brianzola.

LUIGI MILANI (1914-2000)

Nato e vissuto a Lecco, dedicò tutta la sua vita all’attività di scultore che esercitava nel suo laboratorio situato in località denominata “Ponte di Acquate” all’inizio della Salita dei Bravi, dove allestiva anche i molti monumenti funerari dei nostri cimiteri.

Sopravvisse alla ritirata di Russia, grazie all’ospitalità che trovava in cambio dei ritratti tracciati su carboncino.

Studiò a Brera la tecnica della scultura. Ebbe la sua prima commissione a 18 anni, quando realizzò lo stemma in marmo per la facciata del Municipio di Lecco.

Seguì una lunga produzione di opere, sia in marmo che in bronzo:

  • Il Trofeo Anghileri

  • La Resurrezione di Lazzaro (tomba Redaelli nel Cimitero di Castello)

  • Il Cristo nell’avello (tomba Airoldi nel Cimitero Monumentale di Lecco)

  • Cristo risorto (tomba Conti nel Cimitero Monumentale)

  • Il Giudizio Universale (tomba Berera nel Cimitero di Rancio)

  • Il busto di Don Piatti sulla relativa tomba al Cimitero di Acquate

  • Donna con bambino (tomba Ferrari-Sabadini nel Cimitero Monumentale)

Realizzò diverse versioni della “Pietà” tutte a sviluppo verticale e tante altre opere ancora che oggi abbelliscono molte tombe nei Cimiteri lecchesi a testimonianza della sua lunga e valida produzione artistica.

Padre Cesare Colombo

LE ORIGINI

Nasce nella casa al numero 10 di Via Paolino dei Morti, in Acquate, la sera del 30 marzo 1910 da Antonia Pozzi e Bernardo Colombo, che già avevano tre figli: Diletta, Carolina e Maria. Tre giorni dopo  viene battezzato dal parroco Don Giovanni Piatti.

Fin da bambino, Cesare manifesta la sua indole avventurosa, vivendo a diretto contatto con la natura e la montagna.

E’ infatti un bambino allegro e vivace come tutti i bambini: frequenta la scuola con profitto

e spesso lo si vede giocare per le vie del paese con i suoi compagni, ma davanti a sé vede una strada che si discosta dalla loro.

 

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CLAUDINA GARIBOLDI (1925-1981)

Nacque ad Acquate il 6 gennaio 1925 e rimase prematuramente senza la madre, alla giovane età di 21 anni. Alla mamma sul letto di morte, promise di occuparsi dell’educazione dei fratelli, l’ultimo dei quali aveva solo tre anni.
Nel 1963 il fratello, Don Adelio, già sacerdote in Liguria, raccogliendo un messaggio del papa Giovanni XXIII, partì missionario per il Cile e lì, nel 1971, Claudina lo raggiunse per consacrarsi totalmente, seppur laicamente, al compito della evangelizzazione.
Tornò ad Acquate un paio di volte, nel 1975 e nel 1980. Nell’ultima occasione, i parenti la sconsigliarono di ripartire per il Cile, in quanto si erano già manifestati evidenti i sintomi del male che l’avrebbe condotta alla morte soltanto l’anno dopo, ma fu inutile.
In una lettera, parlando della sua malattia, scriveva: “…cerco di reagire, pensando che il Signore è Padre; ma se così ha permesso sarà per il mio bene che naturalmente non posso capire; noi giudichiamo come ci conviene, Lui giudica in vista dell’eternità”
La sua morte, di poco successiva a quella di Padre Cesare Colombo di cui Claudina può essere considerata figlia spirituale, deve ricordarci che la vocazione di ogni cristiano, laico o sacerdote, è essenzialmente missionaria.

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